Secondo l’Inps gli studi sono tenuti al versamento dei contributi, ma il ministero del Lavoro li esclude alla Cig in deroga. Confprofessioni: Basta con queste discriminazioni

Circolare Inps impone anche agli studi professionali di versare i contributi al Fondo di solidarietà residuale. Confprofessioni denuncia una disparità di trattamento

Professionisti a geometria variabile. Per il ministero del Lavoro gli studi professionali non rientrano nella nozione d’impresa prevista da Codice civile e quindi non possono accedere alla Cassa integrazione in deroga, ma secondo l’Inps (che applica la giurisprudenza comunitaria) sono attività economicamente rilevanti e, pertanto, sono tenuti a versare i contributi al Fondo di solidarietà residuale. Insomma, due pesi, due misure: quando si tratta di contribuire i professionisti vengono equiparati alle imprese, ma quando si tratta di accedere a agevolazioni o benefici restano fuori dai giochi. Dopo il decreto ministeriale del 1° agosto che ha tagliato fuori gli studi professionali dalla Cig in deroga, a riaccendere la polemica sulla natura delle attività professionali è stata la circolare Inps del 2 settembre scorso che disciplina i Fondi di solidarietà residuali previsti dalla Legge Fornero. Secondo l’Istituto di previdenza, infatti, gli studi sono tenuti con più di 15 dipendenti sono tenuti al versamento dei contributi al Fondo residuale, che a partire dal 2016 dovrà garantire ai lavoratori tutele in costanza di rapporto di lavoro, in caso di mancata costituzione dei fondi di solidarietà presso l’Inps e dei fondi alternativi settoriali. La contribuzione prevista per legge è pari allo 0,50 e vi sono soggette tutte le imprese che gravitano nei settori non coperti da ammortizzatori sociali (CIG ordinaria e straordinaria) che occupano mediamente più di 15 dipendenti. L’interpretazione dell’Inps è stata criticata aspramente da Confprofessioni. “È paradossale che ad agosto gli studi siamo stati esclusi dalla Cassa integrazione in deroga con un decreto interministeriale di Economia e Lavoro perché non vengono considerate imprese, mentre oggi sono chiamati a versare i contributi al Fondo residuale perché ritenute imprese”. La nota dell’Inps sottolinea infatti che “ al fine dell’individuazione dei soggetti destinatari occorre rilevare che, in linea con la giurisprudenza comunitari, si intende per imprenditore qualunque soggetto che svolge attività economica e che sia attivo su un determinato mercato”. Secondo il presidente di Confprofessioni, “si viene a creare una disparità di trattamento: non solo gli studi professionali che operano sottoforma di impresa accedono alla Cig mentre gli altri sono esclusi, ma ora tra gli esclusi quelli che hanno più di 15 dipendenti versano al fondo residuale e gli altri no”.

Fonte: confprofessioni.eu