Rilevato

1. che A.A. adiva il giudice del lavoro chiedendo accertarsi la illegittimità del licenziamento, per superamento del periodo di comporto, intimatogli dal B.S. s.p.a., con lettera dell’8 luglio 2004 e con effetto dal giorno precedente;

1.1. che il ricorrente fondava la domanda sulla erroneità del calcolo delle assenze effettuate in relazione alla previsione del contratto collettivo che per i dipendenti con oltre venticinque anni di anzianità stabiliva il diritto alla conservazione del posto per ventiquattro mesi, nell’arco temporale di riferimento di quarantotto mesi. Sosteneva che il quadriennio di riferimento doveva essere considerato a ritroso dal giorno 7 luglio 2004, indicato nella comunicazione datoriale come data dalla quale aveva effetto il licenziamento, e non dal 27 luglio 2004, come preteso dall’istituto datore di lavoro sulla base di certificato medico di malattia in data 28 giugno 2004, con prognosi di trenta giorni, prodotto dal lavoratore. Sosteneva, altresì, che il computo a ritroso del quadriennio di riferimento dal giorno 7 luglio 2004, sia utilizzando il calendario comune sia il mese standard di trenta giorni, escludeva il maturarsi a quella data del periodo di comporto fissato dalla norma collettiva. Allegava, inoltre, di avere interrotto l’ultimo periodo di malattia presentandosi al lavoro nei giorni 14, 15 e 16 luglio 2004 e che il direttore di filiale non gli aveva consentito la ripresa dell’attività lavorativa;

1.2. che si costituiva per resistere il B.S. s.p.a. il quale incentrava le proprie difese essenzialmente sulla considerazione che il termine finale di computo del quadriennio coincideva con il 27 luglio 2004, in relazione al quale, sia applicando il criterio del mese standard di trenta giorni, sia quello del calendario comune, doveva ritenersi superato il limite della garanzia di conservazione del posto di lavoro dei ventiquattro mesi, pari a settecentoventi giorni, stabilito dalla contrattazione collettiva;

2. che il Tribunale di Cagliari, con statuizione confermata dalla Corte d’appello, ha respinto la domanda;

2.1. che, in particolare, il giudice di appello, pronunziando sull’impugnazione del lavoratore, ha escluso che la sentenza di primo grado fosse incorsa nella dedotta violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato per avere fatto decorrere l’efficacia del recesso datoriale dal 27 luglio 2004, ultimo giorno di malattia secondo la certificazione medica prodotta dal lavoratore, laddove la lettera di licenziamento indicava, inequivocabilmente, nel giorno 7 luglio la data di efficacia del licenziamento; il giudice di prime cure non si era discostato dalla prospettazione delle parti essendosi limitato a rilevare la inefficacia, fino al 27 luglio, del recesso datoriale intimato in precedenza, in coerenza con la regola secondo la quale il licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto non è nullo e neppure ingiustificato ma temporaneamente inefficace fino al venir meno della situazione ostativa; tale ricostruzione, ancorata al principio di conservazione degli atti giuridici di cui all’art. 1367 cod. civ., era da preferire rispetto al diverso orientamento secondo il quale il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto, prima della relativa scadenza, era affetto da nullità;

2.2. che il giudice di appello ha respinto la ulteriore censura dell’A. fondata sull’assunto che alla data del 27 luglio 2004 non era ancora, comunque, maturato il periodo di comporto (interno), stabilito dal contratto collettivo in ventiquattro mesi nel quadriennio, osservando che a tale data il periodo di comporto, pari a 730 giorni di malattia, doveva ritenersi superato, come da prospetto incontestato prodotto dal B.S. s.p.a. ;

2.3. che la Corte territoriale ha rilevato la inidoneità della presentazione in servizio del lavoratore nei giorni 14, 15 e 16 luglio a determinare l’interruzione del periodo di comporto, in assenza di certificazione che ne attestasse la guarigione;

2.4. che ha ritenuto assorbito dal rigetto dell’appello principale l’appello incidentale della società;

3. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A.A. sulla base di tre motivi;

3.1. che la parte intimata ha resistito con controricorso e contestuale ricorso incidentale affidato ad un unico motivo;

3.2. che entrambe le parti hanno depositato memoria ;

Considerato

1. che con il primo motivo di ricorso principale si deduce violazione dell’art. 2110 cod. civ., censurandosi la decisione di appello per avere ritenuto che il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto e prima della scadenza dello stesso fosse inefficace anziché nullo; si afferma la necessità della sussistenza della situazione giustificativa del recesso datoriale già al momento dell’intimazione del licenziamento e si invocano a sostegno di tale assunto alcune pronunzie di legittimità (Cass. 18/11/2014 n. 24525; Cass. 31/01/2012 n. 1404);

2. che con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e nullità della sentenza per essere la stessa sorretta da una motivazione solo apparente, in assenza di esplicitazione da parte della Corte di merito delle ragioni della ritenuta preferibilità, rispetto alla tesi della nullità, della tesi della inefficacia del licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto;

3. che con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 2110 cod. civ., e all’art. 49 c.c.n.I. 1999, nonché omesso esame circa un fatto decisivo rappresentato dal criterio di calcolo utilizzato ai fini del computo del periodo di comporto. Si censura la decisione nella parte in cui, pur convenendo con il fatto che i giorni di malattia da considerare nell’arco dei quarantotto mesi, corrispondenti al periodo di comporto, erano settecentotrenta, aveva ritenuto legittimo il licenziamento, senza considerare che, ai sensi dell’art. 2110 cod.civ., solo il superamento di detto periodo rendeva legittimo il recesso datoriale. Sotto il profilo del vizio motivazionale ci si duole dell’omesso esame dell’atto di recesso e della sua interpretazione nonché della mancata esplicitazione delle ragioni per le quali il riferimento ai settecentotrenta giorni di assenza risultava decisivo al fine della legittimità del licenziamento;

4. che con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce violazione dell’art. 2110 cod. civ. e dell’art. 49 c.c.n.I., censurandosi l’affermazione del giudice di appello secondo la quale i termini a mesi e ad anni, anche se da considerarsi secondo il calendario comune, non tengono conto degli anni di 366 giorni; si denunzia che la Corte di merito non si era pronunziata espressamente sull’appello incidentale che investiva il corretto metodo di calcolo del comporto basato sul calendario comune, in quanto assorbito dal rigetto dell’appello principale;

5. che i primi due motivi di ricorso principale pongono una questione, – riconducibilità ad ipotesi di nullità o di temporanea inefficacia del licenziamento per superamento del periodo di comporto, intimato prima del compimento dello stesso – in relazione alla quale il Collegio, stante il contrasto profilatosi nell’ambito della IV Sezione, ritiene opportuna la rimessione degli atti ai Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite;

6. che occorre premettere che la questione in esame si colloca nel più vasto ambito della tematica relativa al licenziamento intimato (anche per causa diversa dal superamento del periodo di comporto) in costanza di malattia del lavoratore nel periodo di garanzia della conservazione del posto ai sensi dell’art. 2101 cod. civ. comma 2 cod.civ.;

6.1. che la giurisprudenza di questa Corte risulta assolutamente consolidata nel ritenere valido il licenziamento, per giustificato motivo, intimato nel periodo di malattia sopraindicato, risultando solo la relativa efficacia sospesa fino al venir meno della situazione ostativa (v. tra le altre, Cass. 10/10/2013 n. 23063; Cass. 06/07/1990 n. 7098; Cass. 02/07/1988 n. 4394; Cass. 17/12/1987 n. 9375; Cass. 29/06/1985, n. 3909; Cass. 15/05/1984 n. 2966; Cass. 30/04/1985 n. 2779; Cass. 15/03/1984 n. 1781; Cass. 19/01/1981 n. 451;);

6.2. che il fondamento normativo di tale assunto è stato ravvisato nel principio di conservazione degli atti giuridici desumibile dall’art. 1367 cod. civ., applicabile al recesso datoriale in virtù del rinvio operato agli atti unilaterali dall’art. 1324 cod. civ.;

6.3. che tale argomentazione è stata ripresa dalle pronunzie di questa Corte (Cass. 04/07/2001 n. 9037; Cass. 10/02/1993 n. 1657) secondo le quali il licenziamento fondato sul superamento del periodo di comporto, prima della relativa scadenza, intimato in costanza di malattia del lavoratore , è inefficace e non nullo;

6.4. che a tale orientamento si contrappone quello espresso in altre pronunzie (Cass. 18/11/2014 n. 24525; Cass. 26/10/1999 n. 12031; Cass. 21/09/1991 n. 9869; Cass. 17/04/1987) con le quali è stata affermata la nullità e non la inefficacia del recesso datoriale intervenuto nell’ipotesi considerata;

6.5. che la tesi della nullità muove dalla considerazione secondo la quale, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, è da ritenere acquisito che il superamento del periodo di comporto costituisce fatto che di per sé solo conferisce al datore di lavoro il diritto di recedere dal contratto, senza che cioè siano necessarie la sussistenza e l’allegazione di elementi integranti un giustificato motivo a norma dell’art. 3 della legge n. 604 del 1966 (v. tra le altre, Cass. 19/01/1988 n. 382; Cass. 10/04/1981 n. 2090; 22/02/1980 n. 1277) e che secondo la disciplina dettata dalla citata legge 15 luglio 1966 n. 604 è il fatto integrante il giustificato motivo che, a sua volta, di per sé, attribuisce tale diritto;

6.6. che, nell’ottica dell’avvertita esigenza di necessario coordinamento logico – sistematico tra i limiti alla facoltà di recesso datoriale scaturenti dalla disciplina dettata dall’art. 2110, comma 2 cod. civ. e le previsioni dettate dalla legge 15 luglio 1966 n. 604 in tema di licenziamenti individuali, è stato ritenuto che il potere datoriale di risoluzione del rapporto, fondato sul superamento del periodo di comporto, non potesse legittimamente esercitarsi se non in presenza del completo realizzarsi di questo, non essendo logicamente configurabile un diritto datoriale di recesso anteriore al realizzarsi della relativa situazione giustificativa;

6.7. che in ragione del rilevato contrasto ricorrono pertanto, al riguardo e ad avviso del Collegio, le condizioni per rimettere gli atti al Primo Presidente, affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi del secondo comma dell’art. 374 cod. proc. civ.:

P.Q.M.

Rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.