Il patto di non concorrenza è una clausola contrattuale che può essere introdotta fra il datore di lavoro e il prestatore. Limita la facoltà del prestatore di svolgere attività professionali in concorrenza con l’azienda dopo un‘eventuale cessazione del rapporto di lavoro.

Il patto di non concorrenza è disciplinato agli artt. 2125, 2596 e 1795 del codice civile (per lavoratori dipendenti, autonomi e agenti commerciali). Il lavoratore può concordare un pagamento mensile che è soggetto a contributi pensionistici ed integra la retribuzione, oppure alla cessazione del contratto, soggetto agli obblighi e al regime fiscale del TFR.

Il lavoratore che viola il Patto di non concorrenza può essere accusato di Concorrenza sleale, mentre l’azienda che lo assume di concorrenza parassitaria. La giurisprudenza riconosce a tutte le categorie di lavoratori alcuni diritti minimi:

· obbligo della forma scritta

· durata massima non superiore a quella prevista per legge

· limitazione di luogo, tempo e oggetto non esclusive

· il datore deve corrispondere una maggiorazione percentuale della retribuzione per tutta la durata del rapporto di lavoro, proporzionale alla durata, estensione territoriale e di oggetto dell’obbligo di non concorrenza.

Il patto di non concorrenza deve dunque garantire al lavoratore la capacità di assicurarsi un guadagno idoneo alle proprie esigenze, le potenzialità professionali e la coerenza dell’impiego con la professionalità. Il giudice del lavoro può stabilire la non sussistenza di una di queste condizioni nel patto di non concorrenza, dichiarandone l’inefficacia.

Nelle aziende che hanno meno di 15 dipendenti esiste una libertà di licenziamento maggiore. L’azienda può licenziare sostenendo il costo di un’indennità e il prestatore di lavoro ha l’obbligo di non concorrenza durante, e fino a tre anni dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Se il patto di non concorrenza è inapplicabile in caso di dimissioni del lavoratore, non sussiste la perdita di reciprocità.

Il patto di non concorrenza può anche rappresentare uno strumento per ottenere dimissioni forzate del prestatore di lavoro. Se praticato da un insieme di aziende in competizione, il patto di non concorrenza fra datore e prestatore di lavoro diventa un patto di non concorrenza fra imprese, che si impegnano reciprocamente a evitare incrementi del costo del lavoro.

Il patto di non concorrenza può essere contemplato nell’ambito del diritto pubblico, così come in quello del diritto privato. La disciplina del conflitto di interessi può richiedere a chi occupa una carica pubblica di non svolgere attività contrastanti.

Fonte:portaldiritto.com